Se fossimo monaci avremmo uno stile di vite spartano, semplice, legato alla natura, ai cicli delle stagioni, cibo minimale, impressioni legate sopratutto all’essenza e alla spiritualità. Ma non siamo monaci. Non c’è un codice religioso a dirci cosa dovremmo o non dovremmo fare. La nostra etica è legata allo sviluppo della coscienza e della consapevolezza.
Questa è l’aspetto più nobile e più complesso di questo gruppo e in generale della Quarta Via.
Se fossi io a dirvi cosa è giusto, cosa è buono, cosa fare o cosa non fare in modo deciso e fermo, voi sareste in un certo senso sempre legati alla mia volontà e ai miei gusti. Tanto più forte è la Volontà della guida, tanto più forte si svilupperà l’effetto seguace. Forse il percorso sarebbe più veloce. Ma chi ha detto che dobbiamo correre? Questa non è una gara. Abbiamo tutto il tempo del mondo.
Se mi guardo dentro, quello che desidererei è avere al mio fianco dei veri guerrieri spirituali che con la loro volontà, sappiano comprendere cosa fare e quando e che sappiamo servire un piano più alto. Ognuno agirà e farà quello che deve fare in accordo alla propria comprensione e ai propri tempi di maturazione.
Sono come una guida, un educatore, una direzione… non la vostra coscienza. I maestri che ho conosciuto, per quanto Svegli, per quanto potenti, mi pare che abbiamo combinato più danni che altro. Meglio allora abbandonare certe forme e stereotipi.
Questa cosa è di assoluta importanza ed è per questo che non esistono esercizi mandatori, né obbligo di seguire gli scopi condivisi. Potrà sembrare duro ed ingiusto all’inizio, ma nel lungo periodo vi renderà più forti. Il mio intervenire in modo deciso o blando dipendono dal senso di crimine che percepisco nelle ottave del gruppo.
Voi siete dei guerrieri e non siete soli. Dovete semplicemente ricordarlo e realizzarlo. Ogni giorno riceviamo shock di piccola e grande portata. Non è possibile condividerli sempre e soprattutto non qui sul gruppo perché non avrebbero senso. Ma siamo connessi. C’è un motivo per questo gruppo di esistere.
Qualche giorno fa M. mi ha detto di aver visto un occhio dentro un triangolo in una sorta di gioco di luci e ombre. Il giorno dopo, tornato a Roma, ho visto P. che indossava una maglietta. Piccolo shock ma significativo. Non parliamo ancora degli omen perché c’è ancora strada da percorrere, ma ne parleremo.
“Ogni volta che io entravo in uno stato di consapevolezza intensa (terzo stato) non finivo mai di meravigliarmi della differenza esistente fra i miei due stati. Mi sembrava che mi si fosse sollevato un velo dagli occhi, come se prima fossi stato parzialmente cieco e ora potessi vedere bene. La libertà, la gioia assoluta che solitamente s’impadroniva di me in quelle occasioni non si potevano paragonare ad alcun’altra sensazione provata prima. Eppure nello stesso tempo c’era in me un tremendo senso di tristezza e rimpianto che si accompagnava a quella libertà, a quella gioia. Don Juan mi aveva detto che senza tristezza e rimpianto non si è completi, in quanto senza di essi non c’è sobrietà, non c’è cortesia. Diceva che la saggezza senza la cortesia e la conoscenza senza la sobrietà sono inutili”.
Carlos Castaneda, Il Fuoco dal Profondo